mercoledì 24 febbraio 2016

Immersa nelle vibrazioni armoniche della campana tibetana

Da una seduta di musicoterapia presso l'RSA Agostoni di Lissone.

Un luogo di transizione; un centro transizionale



La stanza dei suoni è un luogo di transizione, e un centro transizionale, fatto di contenuti simboli sonori, di spazio tridimensionale, di oggetti fisici concreti, di movimento e di tempo (ritmo, respiro, pause, esperienze, eventi puntuali, ...).
Definisco "Stanza dei suoni" il setting in cui avvengono le sedute di musicoterapia. Essa è spesso una stanza vera e propria. A volte è uno spazio aperto, delimitato arbitrariamente dal terapeuta. La prima avventura che coinvolge questo spazio fisico e simbolico è la fiducia di entrarvi e di rimanervi dentro.
Nel caso di Erica, di cui abbiamo già parlato, la sua deambulazione le rende molto difficile rimanere all'interno di un contesto delimitato. Inoltre, la sua reattività alle emozioni e alle sensazioni che la portano a uscire dal suo "guscio chiuso", amplificano la sua difficoltà a stare... a sentire, a muoversi, a esplorare lo spazio delimitato dal terapeuta.
La nostra stanza dei suoni è un salone diviso in due parti da un armadio voluminoso, che ritaglia una parte più piccola e accogliente, dove è posizionato il pianoforte. In questa porzione è presente la porta di ingresso. Una volta entrati, maschero l'uscita posizionando davanti una poltrona e nascondendo la serratura sotto a una coperta. Sopra alla poltrona ho posizionato un tamburo sonoro. Nel caso di Erica, ho distribuito per la stanza dei suoni diversi strumenti musicali, in modo da offrirle oggetti sonori da osservare ed esplorare durante le sue deambulazioni. Il tamburo sonoro sopra alla poltrona è uno di essi.

Erica ricorda la porta d'ingresso. Ne riconosce la posizione e la funzione. Per i primi incontri, la sua difficoltà a stare nel setting si è manifestato attraverso una costante esplorazione del luogo porta e, per necessità, del luogo poltrona. Dopo circa un mese di lavoro, condotto nelle modalità del wondering musicale già descritto, la poltrona è diventata oggetto centrale di orientamento e di lavoro.
Erica ha iniziato a spostare la poltrona per la stanza dei suoni, esercitando con grande impegno la sua forza. In un movimento progressivo che ricordava la danza, ella si è avvicinata, ha guardato, ha cercato, ha soppesato, ha mosso, ha spinto... fino a condurre la poltrona accanto al pianoforte, posizionato sul lato opposto della stanza.
Ogni suo contatto con la poltrona è stato evidenziato dalla mia improvvisazione al pianoforte, attraverso un accordo di dominante (con scala ottotonica) sulla nota a distanza di un tritono dalla tonica. La tensione sonora e il mistero che la sonorità ha portato è sembrata particolarmente efficace ad accompagnare questo processo di riconoscimento e trasformazione simbolica della poltrona.

Il primo esito interessante è stato che la ricerca intorno alla poltrona ha progressivamente e velocemente spostato l'attenzione di Erica dalla volontà di aprire la porta e uscire all'incontrare quel che era presente nella stanza dei suoni. L'accompagnamento musicale è in questo senso cruciale, per le seguenti ragioni:
- è strumento di mediazione relazionale tra Erica e il terapeuta;
- offre contenuto di senso simbolico all'esplorazione in atto;
- si modifica e trasforma in sintonia con le trasformazioni concrete ed emozionali che Erica sta realizzando;
- accoglie, nel suo processo di rispecchiamento sonoro creativo, misterioso e mai meccanico e scontato, le fatiche e le ricerche dell'ospite.
Quando la poltrona è diventata più importante della fuga dalla porta, un passo importante è stato fatto.

Confermato dal secondo esito. Quando Erica ha spostato la poltrona ha di fatto liberato la porta, che è diventata così completamente visibile e accessibile. Ma a quel punto, il processo di esplorazione e l'interesse in esso contenuto era talmente avanzato, che per l'ospite uscire dalla porta non era più in alcun modo una priorità.

Per queste ragioni, la poltrona e il suo contenuto sono diventati essi stessi all'interno del setting un luogo di transizione (il passaggio dall'esterno all'interno del setting; dalla fuga al rimanere; ecc.) e un oggetto transizionale. Esso infatti è stato integrato emotivamente nel mondo interno dell'ospite, ed è diventato un appoggio, un'ancora del suo stare all'interno della stanza dei suoni. Un luogo dove è possibile, alla fine, sostare e riposare.


La conferma definitiva della perdita di valore della porta e della fuga attraverso di essa, avviene nella successiva seduta, quando al termine dell'incontro ho aperto la porta per uscire dalla stanza dei suoni. Erica ha evidentemente mostrato il suo totale disinteresse a uscire, come mostra la sequenza qui sotto, che ho ovviamente nominato "la sequenza della porta aperta".






I precedenti articoli su Erica: parte 1, parte 2

mercoledì 10 febbraio 2016

Una canzone rap sulla città - Percorso di musicoterapia nell'ambito dell'invecchiamento precoce (1)



PREMESSA

Sto lavorando da qualche mese con un uomo di circa sessant'anni, che chiameremo Carlo, in un percorso individuale di musicoterapia. Attualmente gli è stata diagnosticata una demenza degenerativa, con sintomatologia evidente sotto diversi aspetti: motori, comunicativi, cognitivi.
Carlo è un signore robusto, aperto ma pigro, una volta docente di lettere in un liceo. Costretto a un pensionamento anticipato per colpa della malattia, nel tempo ha ridotto sempre più il proprio campo di azione e i propri interessi.
Oggi è ancora in grado di sostenere un discorso, ma con difficoltà, sia a livello di elaborazione dei pensieri, che di ricordo di quanto gli viene detto. Ha importanti problemi di coordinamento spazio-temporale, la manualità fine si è decisamente ridotta (non è in grado di aprire la custodia di una chitarra, non è quasi più in grado di scrivere con una penna), la sua indole già stanziale lo ha portato a ridurre sempre più le sue attività al di fuori di casa.
Ha una moglie e una figlia attente, che gli stanno vicino e lo sostengono per quello che è loro possibile.

Carlo ha fatto musica. Ha fatto teatro. Ha scritto opere teatrali, e ha naturalmente un'ampia cultura letteraria. Leggeva molto. Oggi quasi più. Suonava la chitarra e un paio di strumenti a fiato. Oggi riesce ancora a mettere giù alcuni accordi base alla chitarra, ma a volte qualcosa "sposta" tutte le corde, "incasina tutto", come dice lui.

Nei mesi in cui abbiamo iniziato un percorso di musicoterapia insieme, ho cercato intanto di stimolare lui e la famiglia ad essere più in relazione con il mondo esterno. Carlo ha accettato così di buon grado di accompagnarmi in alcuni laboratori che realizzo presso un centro diurno disabili della sua zona.
Inoltre, ho valorizzato le sue conoscenze letterarie e musicali/artistiche, attraverso incontri settimanali  dove ascoltiamo musica, rielaboriamo esperienze sonore, suoniamo insieme. Tale percorso è molto motivante per Carlo. Diventa punto di riferimento per la settimana, momento di gioco e benessere, vertice che richiede, spesso, ricerca e produzione (di brani che si amano, di idee, di esperienze come una passeggiata nel parco, ecc.).

Quello di cui voglio parlarti nei prossimi giorni, è in particolare un percorso di creazione di una canzone rap sul tema della Città, che stiamo condividendo nell'ultimo mese. Credo sia interessante per riflettere su diverse tecniche di musicoterapia, e per descrivere una delle possibili strade che il lavoro nell'ambito dell'invecchiamento precoce e della demenza ci offre.
Racconterò di come siamo arrivati alla canzone rap sulla città partendo dalla poesia Il 5 maggio di Alessandro Manzoni, di come abbiamo integrato il lavoro sul ritmo e sul testo, di come abbiamo costruito una mappa cognitiva della città, di come abbiamo scritto, inventato, suonato e cantato, e di come è possibile cercare un approccio integrato e multi-sensoriale all'invecchiamento cognitivo.

Attraverso questo lavoro, in estrema sintesi, è possibile perseguire insieme i seguenti obiettivi: mantenimento semantico, dialogo sui contenuti, espressione del mondo interno, recupero di ricordi legati alla precedente attività lavorativa, organizzazione spazio-temporale attraverso il ritmo e il canto, memorizzazione di testi complessi attraverso procedimenti poetici (rima, metrica, suoni delle parole, ecc.).

CONTINUA

Son Felice - Una Canzone di Elisabetta

Conosco Elisabetta da un paio di anni.   Affetta da decadimento cognitivo, lavoriamo con la musica per esplorare risorse inaspettate, per ...